SELEZIONE DI ALCUNI ARTICOLI SU ARGOMENTI RIGUARDANTI LA PROVINCIA DI NAPOLI
1995
Storia di una scuola mai costruita

Qualche giorno or sono il Presidente della Provincia Amato Lamberti ha annunciato alla stampa, con inutile enfasi, che finalmente si é concluso il contenzioso relativo alla edificanda scuola di via Pigna, al Vomero. Il contenzioso in questione nacque nel lontano 1982, anno in cui la Provincia di Napoli decise di costruire un nuovo edificio scolastico - 40 aule - al Vomero. Il capitolato d'appalto prevedeva che a fronte di una spesa di 6 miliardi più i costi per le fondazioni il venditore, che era anche impresa di costruzioni, avrebbe abbattuto un manufatto esistente e riedificato, su di un terreno di 4000 metri quadri, un edificio scolastico (2000 metri coperti). La Provincia di Napoli versò 4 miliardi e mezzo, poi per mancanza di fondi e, soprattutto di volontà politica, non provvide al saldo. Ne nacque un primo contenzioso conclusosi con una condanna per la Provincia a pagare un paio di miliardi di danni all'impresa, che furono pagati. Fu stabilito un nuovo termine per la consegna del manufatto, ma la Provincia fu nuovamente inadempiente e, a seguito di nuovo contenzioso, fu condannata nuovamente a pagare altri due miliardi di danni; stesse inadempienze per la terza e la quarta volta ed ancora altri due più due miliardi di danni. Ma si sa, con le amministrazioni pubbliche, repetita non iuvant. Vi fu quindi, immancabile, anche una quinta volta: una bella ennesima e risolutiva condanna a sborsare altri 23 miliardi. A questo punto l'intervento di Lamberti - nel frattempo nominato dal Governo Commissario all'edilizia scolastica - che con 16 miliardi e mezzo, e non i quindici annunciati, e' riuscito a spuntare (sic!) la consegna della scuola fra due anni e mezzo e ridotta a 36 aule, a fronte di un anticipo sull'unghia di tre miliardi. Tirando un po' di somme siamo alla rispettabile cifra di 29 miliardi, cui vanno aggiunti i costi del lungo contenzioso legale ed amministrativo e le cifre pagate in 12 anni per fitti di edifici scolastici alternativi. Alla fine i cittadini - come sempre cornuti e contenti - avranno pagato oltre un miliardo per ogni aula di quella scuola, se mai la vedranno. Suggeriamo al Commissario Lamberti, invece di emettere trionfalistici comunicati stampa, di apporre sulla facciata dell'edifico, ad imperitura memoria dello scandalo, una lapide al cittadino che rechi la scritta: "Qui piango io".


"PATTI" PERICOLOSI
di ANGELO ROMANO

Man mano che passa il tempo diventano sempre più numerosi i fautori del cosiddetto "sviluppo dal basso". Con il crescere dei consensi - spesso acritici - quella che è solo una opinabile teoria finisce con l'assumere sempre più la connotazione di un vero e proprio teorema. Certo l'ipotesi di favorire lo sviluppo pienamente autodeterminato delle comunità locali non è priva di suggestioni, soprattutto se ci si riferisce ad un modello di società evoluta in cui i valori medi, in termini di sviluppo socio-culturale ed economico, siano alti ed omogenei. E' difatti plausibile, restando in Italia, che le comunità bresciana o bolognese - o quelle più ampie veneta e lombarda - che si trovano in un consolidato assetto "post-industriale", possano aver maturato, nelle medie, le categorie giuste per programmare, con una certa percentuale di successo, il proprio sviluppo "dal basso". Ma a ben riflettere si tratta di un "dal basso" solo rispetto a contesti maggiormente sviluppati: Stati Uniti e Giappone ad esempio, in realtà è un "alla pari" rispetto all'Europa. Rimane comunque un'opzione ad alto rischio anche per comunità evolute se è vero - come sostiene l'on. Antonio Martino, che è eccellente economista - che: "nessuna comunità si è mai sviluppata contando sulle sue sole risorse". La formula dello "sviluppo dal basso" applicata a comunità meno evolute nelle medie e meno competitive rischia, drammaticamente, di perpetuare la vocazione di quelle comunità al sottosviluppo. E più si riduce la scala di grandezza, tanto più la comunità sarà assimilabile ad un "sistema chiuso" che inevitabilmente, per legge fisica, tende a perpetuare indefinitamente lo stato di equilibrio in cui si trova, ossia la condizione di mancato sviluppo. Una rapida conferma, sia pure indiretta, di tale assunto la si ha analizzando i contenuti dei "Patti territoriali" elaborati nel Mezzogiorno. Spesso, troppo spesso, lo sviluppo viene confuso con il restauro del patrimonio pubblico o con la bonifica di un litorale, senza comprendere che è la "cultura dell'ospitalità" il segreto del turismo, o con la immancabile  "valorizzazione" delle tradizioni produttive locali che mai hanno generato reale ricchezza: un po' di artigianato, qualche prodotto tipico, un magra agricoltura e un tessuto industriale esclusivamente orientato (condannato?) a produrre per il consumo e, quindi, sempre vassallo del sistema industriale che produce per la produzione e che, solo per questo, si internazionalizza più facilmente, si avvale dei benefici della politica estera, genera domanda di ricerca applicata, capitalizza know-how che poi rivende e non è esposto alla spietata concorrenza dei paesi cosiddetti emergenti. Occorre dunque che apriamo tutti un po' gli occhi. Se oggi esiste una sfida che la storia pone ad una forza politica - e che val la pena di accettare per quanto ardua - questa è: portare il Mezzogiorno oltre la questione meridionale e, finalmente, a pieno titolo in Europa. Per far questo occorre individuare corrette strategie per il suo complessivo sviluppo, praticabili e coerenti con gli scenari futuri, e definire il suo ruolo continentale quale "regione d'Europa" la cui scala geografica minima è grande almeno quanto l'intero Mezzogiorno e non già quanto la Lucania o la Provincia di Napoli. Per far questo non c'è "sviluppo dal basso" che tenga. E' necessaria una vasta azione concertata, programmata e coordinata che solo l'intera comunità meridionale, coralmente, può portare avanti; un primo concreto passo potrebbe essere una conferenza programmatica delle regioni meridionali che, oltretutto, hanno la fortuna di avere una guida politica quasi omogenea. E' necessario recuperare, a livello di popolo, il senso della comunità di destini e, quindi, di un comune orizzonte. E' essenziale lo scambio con altri contesti e comunità. E' vitale una guida politica "alleata con il futuro" e quindi capace di vedere lontano.

Studenti a scuola senza banchi

Alla Provincia di Napoli è saltata la gara - un miliardo e mezzo circa - per la fornitura di arredi e suppellettili scolastiche. L'assessore competente si è subito affrettato ad emettere un comunicato stampa nel quale scarica la responsabilità del "flop" sulle imprese che, a suo dire, non sarebbero state in grado di allinearsi alle prescrizioni di un bando di gara reso snello e agile dalla fattiva opera della Giunta provinciale, che il comunicato stampa vuol far passare addirittura per "reaganiana". Le cose non stanno proprio così, con la crisi che c'è le imprese sarebbero state ben felici di tuffarsi "a pesce" su di una ormai rara quanto ghiotta commessa. La verità è che la formulazione dei bandi, soprattutto quelli provinciali, è assolutamente "bizantina": si parte da una procedura di prequalificazione che richiede una gran copia di certificazioni ed attestati - che costano tempo e denaro - per approdare alla fase di gara vera e propria ed a quella finale di aggiudicazione. Qui, attraverso un complicato processo "alchemico" viene "ponderato" il vincitore. Riportiamo, per i lettori più versati in matematica, un esempio illuminante tratto da un Bando della Provincia del 28 agosto 1996: "... il metodo di valutazione delle offerte è quello definito "aggregativo-compensatore", che calcola l'offerta economicamente più vantaggiosa con la seguente formula: C(a) =n Wi * V(a); dove C(a) = indice di valutazione dell'offerta; V(a) = coefficiente della presentazione dell'offerta; Wi= peso o punteggi attribuiti al requisito (i); n = numero totale dei requisiti. Il punteggio di punti 45 verrà assegnato al prezzo più basso tra quelli delle offerte risultate non anomale. Sono considerate anomale le offerte il cui importo risulti inferiore di oltre il venti per cento rispetto all'importo della media delle offerte valide pervenute. Le offerte anomale saranno escluse. L'importo base dell'asta è valutato convenzionalmente punti zero. Il coefficiente assegnato al prezzo più basso è pari a 1. Il coefficiente inerente l'elemento "prezzo" assegnato a quelli indicati nelle offerte esaminate, è espresso dalla formula: V(a) i = 1 * importo '- P(i)/importo - P(B) essendo P(B) il prezzo più basso e P(i) il prezzo iesimo." Altro che svolta reaganiana.

 


Il sindaco "piazzista"

Da qualche giorno si fa un gran parlare dei BOC e dei BOP.

Di ritorno da Wall Street, con toni trionfalistici, il Sindaco Bassolino ha annunciato la buona risposta dei mercati americani, e la stampa codina ha subito cominciato, con grande magniloquenza, a tessere panegirici intorno alle capacità taumaturgiche dell'Uomo che é stato rappresentato quale incantatore della grande finanza internazionale che, grazie a Lui, oggi crede in Napoli e nella sua voglia di riscatto.

Il Presidente della Provincia Lamberti, sempre pronto a seguire l'esempio del Capo, ha immediatamente annunciato che la Provincia non sarà da meno e che si appresta al lancio dei BOP.

La ignara popolazione, come sempre, abbocca ed alimenta il fiorire di leggende metropolitane che favoleggiano di sindaci purissimi, vicini alla beatificazione papale. Siamo veramente all'assurdo, all'apologia delle pezze al culo, sia pure nobilitate dalla tripla B di Moody's.

Nessuno, si e' preso la briga, finora, di spiegare a chiare lettere alla gente che BOC e BOP non sono altro che nuovi debiti che i cittadini tutti vanno a contrarre in giro per il mondo, come se non bastassero i quasi 30 milioni pro capite che ogni italiano, infanti compresi, gia' si porta sul groppone.

Nient'altro che un diabolico trucco per fare nuovi debiti, spostando la firma delle cambiali dal centro alla periferia, dalla comunità nazionale alle comunità locali, con la pesante aggravante che si offrono rendimenti superiori a quelli dei titoli di Stato.

Solo questo spiega l'interesse ed il favore dei mercati finanziari che se ne sbattono olimpicamente - come sempre hanno fatto e faranno - della voglia di riscatto delle città e di altre menate simili.

Ma questo é solo l 'involucro del "pacco". Dentro c'é di più.

Se i principi della logica aristotelica valgono ancora, occorre rilevare che le prime tre grandi città che hanno ipotizzato il ricorso ai BOC, hanno motivato l'opzione con la necessità di acquistare mezzi per il trasporto pubblico, cioè autobus.

Ma in Italia c'e' un solo produttore di tali veicoli, ergo... qualche sindaco ha scelto di fare anche il "piazzista".


Angelo Romano
Consigliere provinciale di Napoli

1996

GLI STROZZINI RINGRAZIANO LAMBERTI

La Giunta Lamberti, con iniquo provvedimento, ha cancellato la possibilità per i dipendenti di ottenere piccole anticipazioni sullo stipendio. Il valore di tali anticipazioni non poteva superare le 200.000 lire al mese - una cifra davvero modesta - che, tuttavia,
per ben trent'anni ha consentito alle fasce di personale più bisognose (lo stipendio medio arriva a malapena ad 1 milione e trecentomila al mese) di "arrivare alla fine del mese" senza dover scomodare gli strozzini. A distanza di trent'anni, qualche zelante contabile, che ha sistematicamente chiuso gli occhi sulle tante ruberie e i tanti sprechi della Prima Repubblica, si e' accorto che le anticipazioni al personale costano complessivamente
all'Ente, la sconvolgente somma di tre milioni l'anno, meno di tremila lire anno per dipendente. Lamberti e la Giunta, che nel bilancio di recente approvato, hanno previsto: 5 miliardi per consulenze, 120 milioni per ricevimenti, 1 miliardo per gli zingari, un miliardo e mezzo per elargizioni varie e centinaia di milioni per convegni e missioni, non hanno esitato a "strozzare" il personale. "E' un atto indegno - afferma il consigliere Angelo Romano - lesivo della dignità dei lavoratori e della stessa
Provincia di Napoli. Occorre provvedere immediatamente a ripristinare il servizio anticipazioni ai dipendenti, che e' dovere di solidarietà verso i personale e vera e concreta misura preventiva contro lo strozzinaggio, fosse pure attraverso
una ritenuta di tremila lire l'anno per dipendente per pagare quei miseri tre milioni. Comunque ci rivolgeremo anche allo sportello antiusura che lo stesso Lamberti, per fare concorrenza a Padre Rastrelli cui ha negato anche un contributo - ha di recente istituito in Provincia, ne sentiremo delle belle." (PK)


FONDI DI MAGAZZINO

Il Consiglio Provinciale un paio di mesi fa si rifiuto', per puro capriccio della maggioranza, di approvare una mozione ad iniziativa del Gruppo di AN, volta a regolamentare gli acquisti di materiale informatico attraverso la definizione di precisi
standard tecnici. Oggi, la Provincia, sconta quella miope decisione, continuando a comprare i soliti "fondi di magazzino" da sempre riservati alla Pubblica Amministrazione. Ne e' prova la delibera n. 287 di qualche giorno fa, con la quale si acquista un personal computer 486 a 66 mhz. Tale processore e' fuori produzione da oltre un anno. Ennesimo clamoroso "flop" alla Provincia di Napoli: quasi un anno per istruire una gara per la fornitura di 40 stazioni di lavoro informatiche - valore circa 350 milioni - e poche ore per verificare che nessuna impresa ha inteso partecipare. Si è vanificata così la speranza, a lungo coltivata, di quanti speravano di poter finalmente modernizzare, dopo anni e anni di vana attesa, la propria attività lavorativa. Eppure i prezzi stimati erano sulle medie di mercato, un mercato che, tra l'altro, nel giro di un anno ha visto ribassare cospicuamente i propri listini con l'effetto che, nel caso specifico, erano andati ampliandosi sensibilmente i margini operativi. Che cosa allora non ha funzionato? La mancanza di tempi certi di pagamento, l'assenza di qualunque forma di anticipo all'ordine o, quantomeno, alla consegna. In un settore, quale quello dell'informatica, diventato quasi esclusivamente "contantista" negli ultimi anni, per effetto della continua evoluzione tecnologica e del costante ribasso dei listini  - e che, quindi, non consente di investire "sul magazzino" - la mancanza di qualunque certezza in ordine ai tempi di rientro costituisce deterrente assoluto. Il costo tecnico, organizzativo e sociale della vicenda, che è solo la spia di un fenomeno molto più vasto, è enorme: centinaia di ore/uomo di lavoro, grande quantità di atti formali, costi di pubblicazione, ritardi nei programmi di informatizzazione e conseguente ricaduta sullo standard dei servizi erogati alla collettività. Senza contare l'improbo lavoro che ci vorrà per ricominciare tutto daccapo e per reiscrivere nel prossimo bilancio fondi che, certamente, andranno perenti. Occorre una rapida soluzione legislativa che consenta, una buona volta, alla Pubblica Amministrazione di diventare finalmente una buona ed affidabile pagatrice.

1997
Gesac, scartiloffio napoletano
Un porto franco per Napoli ed il Sud
Di visibilità si muore
La Giunta dei ritardi
 

 

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